La rondine sul termosifone by Edith Bruck

La rondine sul termosifone by Edith Bruck

autore:Edith Bruck
La lingua: ita
Format: mobi
editore: La nave di Teseo
pubblicato: 2018-04-13T16:00:00+00:00


“Sei sparita non ti vedo dove sei?” mi chiede Nelo con la mia mano nella sua.

“Sono qui, sono qui che ti succede? Guardami! Mi vedi? Sì o no?” Il silenzio mi preoccupa e ripeto le stesse domande a voce alta. “Allora?! Mi puoi dire sì o no?”

Dopo un lungo silenzio mi fa segno di sì e come quando mi sveglia mi arrabbio, forse anche per lo spavento.

“Parla! Apri la bocca invece di fare il mimo, il muto. Dimmi di che colore è la mia maglia?”

Rumina, mastica, rigira a lungo nella bocca le parole o le frasi da collegare, da pronunciare: “Bianca. Ciao piccola mia.”

“Oh Dio sia lodato, porca miseria!”

“Che ora è?” ricomincia con le domande che più spesso ripete, “che giorno è, che anno è?” Lo tormenta il tempo, da vivere?

“Vita... vita...” mormora con un’espressione ostile. Probabilmente perché la vita si è ripresa tutto ciò che gli aveva dato: giovinezza, bellezza, forza, donne, talento, salute, desideri, piacere di leggere, ascoltare musica, viaggiare, ricordare e soprattutto l’autosufficienza. Non è mai stato eccessivamente attaccato alla vita, eppure adesso ha una tale paura di perderla che manda giù tutto quello che Olga gli infila in bocca incitandolo a mandar giù, ahm, ahm, e lui le obbedisce, la guarda come il bimbo la madre, e anche se gli sono accanto io spesso mi chiede di andare da lei in cucina dove sta lavando i piatti, o nella sua stanza dove stira e canta con voce angelica. E mentre lei lavora e si muove con rapida grazia, lui sta buono buono e la guarda rapito.

A volte allunga la mano debole per sfiorare la bella figura di Olga come se toccasse la vita stessa. È preso da un amore senile per lei, anche se spesso non sa come si chiama né le risparmia la sua aggressività improvvisa o parole offensive alle quali (non sempre) Olga risponde con la calma di una terapeuta, scoprendo in un sorriso i suoi denti brillanti e teneri.

Per fortuna o sfortuna non è più tempo di gelosia, lei è la mia salvezza, la libertà senza sensi di colpa quando non sto accanto a lui: è grazie alla sua complicità che posso scrivere un po’ di più. A volte la vedo stanca, perfino confusa, quando chiama me signora Nelo e lui signor Edith, e ridiamo insieme.

Mi rendo anche conto che il lavoro che fa, come tante altre giovani donne lontane dai propri figli e dal proprio paese, non ha prezzo.

“Forza forza, signor Nelo,” lo sprona sostenendolo. “Diritto il ginocchio, non piegatevi, non crollate, un due tre, la la la, avanti, dentro il sederino, niente paura vi tengo, non cadete, alzate la testa, siete più alto di me, alto alto, forza, dovete guarire, su su ancora due tre passettini, la la la, la la la, balliamo, balliamo, bravo così, più distanti i piedini, ce la fate, ce la fate, signor Nelo, siete un uomo no?”

Ogni giorno con Skype gli mostra anche la bella figlia in Ucraina e il nipotino stupendo di quasi due anni,



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